I ragazzi non nascono bulli

I ragazzi non nascono bulli
  • 16 Ottobre 2024
  • blog

Uno studente è morto suicida, vittima di bullismo, in una delle scuole della nostra ormai travagliata comunità regionale.

Mi unisco al cordoglio senza esprimere altro se non vicinanza alla famiglia.
Sui social apro diversi articoli in merito e leggo di insegnanti che chiedono maggior partecipazione dello “psicologo scolastico” (con i miei forti dubbi nell’efficacia della riuscita), professionisti che inneggiano all’educazione emotiva (come se le emozioni si potessero “educare” in assenza di una sana pedagogia) e tanti altri commenti e formulette che spesso dopo spiacevoli accaduti si dispensano.

Io vorrei aprire solo degli scenari sui quali riflettere:
1) Aprire gli occhi sulle condizioni del nostro futuro.
Ci accorgiamo di non essere interessati al nostro futuro solo quando c’è una notizia da prima pagina.
In altri ambiti, come le alluvioni che ogni anno sembrano distruggere il nostro territorio, ci siamo dimostrati decisamente insensibili. Stagione delle piogge, danni, accuse. Poi si ricomincia daccapo.
Siamo davvero sicuri che non possiamo fare meglio di così?
Siamo così rassegnati al fatto che non ci sarà futuro che abbandoniamo così i nostri figli?
Che ci accontentiamo di fare una riforma sul 5 in condotta?
Che facciamo cortei, poi lasciamo fiori, candele e orsacchiotti, poi bullizziamo di nuovo e aspettiamo un altro suicida per portare fiori, candele e orsacchiotti?
Bisogna che emerga l’evidenza: non crediamo al futuro dei nostri figli.
Non abbiamo pensato per loro. Non ci pensiamo.
Dal disastro ambientale, alle condizioni della loro vita.
Le cose che facciamo le facciamo per loro, mi direte voi.
Probabilmente è vero, magari ci credo pure.
Ma sembra che non funzionino.
Abbiamo imparato a far sembrare che le cose vadano bene grazie alle misurazioni burocratiche.
Quanti interventi ha fatto il medico? Quanti libri si vendono? Quanti studenti si sono dispersi?
Conta solo il ” misurabile”.
Ma il benessere dei ragazzi come lo misuriamo? Con sterili test a crocette? Oppure ricorrendo alla valutazione numerica intendendo la comunità scolastica come mera scuola di “informazioni”?
Oppure pensiamo che i nostri figli stiano bene solo perché indossano l’ultimo modello delle Air Force One?

2) Abbiamo “fiducia nel futuro”?
Base di ogni scelta pedagogica.
Per far capire cosa intendo, vi riporto un commento comune: “come puoi far figli in un mondo come quello di oggi?”
La risposta è: quando avresti fatto figli? Nel 1348 con la peste nera? A cavallo della piccola glaciazione nel ‘600? A ridosso della prima guerra mondiale? Della seconda? O nel dopoguerra?

3) Le condizioni di vita dei nostri fogli possiamo migliorarle. A casa e a scuola.
Come? (Non è il mio intento dare “formule magiche”).
Mi accontento invece di ricordare tre cose:
1. La scuola ha scelto di essere democratica, di accogliere al suo interno la comunità in cui si vive per diventarne parte integrante.
Come sarà la scuola dipende anche da te, non solo dai prof. dal ministro o dal Dirigente. E dipende anche da te studente.

2. La scuola non deve funzionare per la scuola, ma per le giovani e i giovani. A che serve fare la riforma se non è pensata per il futuro delle nostre e dei nostri giovani?
Ci preoccupiamo di cosa mettere nei loro zainetti e di come valutarli. Ci preoccupiamo molto meno di come stanno.( A volte ci sentiamo in colpa per gli allevamenti animali.)

3. La scuola è vittima di mille progetti e proposte che sono inerenti a mille cose meravigliose, ma che sembrano mancare l’unico obiettivo importante: a scuola si deve crescere, non morire.

E adesso?
Adesso scegli tu, genitore. Vuoi interessarti solo del fatto che la prof ha dato sette e mezzo invece di otto meno meno a tuo figlio, o vuoi domandarti come sta tuo figlio a scuola, come sta lì?
Scegli tu, insegnante, se devi finire il programma, o se vuoi sapere se chi ti è davanti preferirebbe stare in qualsiasi altro luogo fuor che seduto dietro a quel banco.
Scegli tu, preside, se vuoi riempire la scuola a tutti i costi.
Scegli tu, ministro, se le scuole debbano farsi concorrenza tra loro, costringendo i presidi a lottare sui numeri invece che sulla qualità.
Scegli tu, ministro, se vuoi gestire l’emergenza giovanile semplicemente innalzando l’età di scolarizzazione, con qualche decreto anti dispersione. Diminuisce la delinquenza dalla strada, certo, perché va a scuola.
Scegli tu, studente, se vuoi fare il branco, fare il bullo, accettare di non avere un futuro.
La scuola è di tutti, si dice.
Le cose di tutti di solito hanno panchine rotte e aiuole piene di immondizia.
Perché nessuno crede che siano proprie.
Anche il futuro è di tutti, come sarà dipende anche da te.