“Non è levando lo sport che tuo figlio va meglio a scuola! Non servono ricatti, soprattutto quando questi portano a togliere ciò che fa bene al pensiero di tuo figlio. Gestione della rabbia, della frustrazione, il senso del dovere, del rispetto, sentire la fatica, sono ambiti psicologici nei quali lavora lo sport in modo costruttivo, un percorso che poi gli insegnanti possono raccogliere nel loro pensiero didattico!”
Queste le parole di un post in larga parte condivisibili e sulle quali, soprattutto, non si possono fare commenti sensati, perché estrapolate dal loro contesto. Ma lasciano intravedere taciti presupposti.
Sport e scuola non sono sullo stesso piano, ma per i genitori preoccupati per il rendimento scolastico, la scuola viene prima. Per la persona che ricorda i meriti dello sport, lo sport viene prima perché insegna valori e competenze generali che la scuola non è in grado di insegnare.
Potremmo farci mille domande (e dovremmo farlo), ma iniziamo un po’ alla volta.
Siamo d’accordo che sport e scuola non siano sullo stesso piano perché la ragazza/il ragazzo in età scolare ha, come ogni individuo, più dimensioni: scuola, sport, famiglia, amici, sogni, speranze, passato, presente, futuro… insomma, ci vuole tanta miopia per vedere solo sport e scuola.
Scuola e sport sono su dimensioni diverse, non spetta a noi stabilirne le priorità. E nel caso specifico non spetta a noi giudicare l’azione dei genitori che vietano lo sport se la/lo studente non mostra impegno scolastico.
In natura gli animali si orientano secondo i principi del dolore e del piacere. Bussola primordiale, certo, ma efficace.
Se il dolore del ricatto (niente sport finché non vai bene a scuola) è un pungolo efficace, perché non pensare che il piacere sia un altrettanto valido sprone?
Pensiamo alla ragazza/al ragazzo del caso: fare sport è un piacere, un momento della vita in cui si impara con piacere.
Come fare a trasportare questa condizione nella scuola è la domanda che dobbiamo farci.
Purtroppo infatti non è automatico, basta rovesciare la frittata: tutti abbiamo presente la studentessa/lo studente molto bravo a scuola, che apprende con piacere, ma che chiede l’esonero per scienze motorie o che non fa alcuno sport perché semplicemente non gli piace.
Credo che la nostra sfida (di genitori/insegnanti/educatori o comunque adulti) sia questa: riuscire a traportare il piacere da una dimensione all’altra.
Come? È una cosa che possiamo pensare insieme.
E sarà un piacere vedere i vostri commenti.